Non sono nudi, ma coperti di foglie, piume, collane, colori, dei loro capelli lunghi e agghindati e di amuleti, eppure i missionari hanno deciso che era meglio dotarli di magliette e quegli altri pochi capi che a lungo andare diventano solo vecchi stracci.
Non sono infelici, ma vivono la loro quotidianità tra riti e rispetto della natura, con aspettative di vita basse, ma sereni nel loro essere quasi primordiali, eppure l'uomo bianco sta tentando di scardinare le loro piccole sicurezze, il loro mondo, sfruttando le loro miniere, portando la cosiddetta civiltà.
Non si ammazzano di fatica, soprattutto non si stressano a causa del lavoro, non coltivano i campi, se non per qualche patata dolce, ma la natura li aiuta in tutto ciò di cui hanno necessità e vanno a caccia, mangiano frutta e verdura che trovano nella giungla, banane, papaya, si dedicano ai loro riti ancestrali, si affidano agli sciamani e agli spiriti dei loro antenati...
"Per vedere come eravamo! Queste popolazioni sono quanto di più vicino a quello che siamo stati anche noi, tanto e tanto tempo fa. Così nel 2012 ho deciso di intraprendere questo viaggio, perché il presente di questi popoli è del tutto simile al nostro passato. Dopo un mese sono tornato con l'idea che vivono benissimo, ma senza di noi! Nei villaggi sono sereni e i bambini ci hanno accolto sempre per primi e con grande entusiasmo. Ma nelle città, lì la vita è totalmente diversa per gli indigeni. Vivono da emarginati nella loro stessa terra, ai bordi di quella società imposta dai bianchi che sfruttano le loro miniere, invadono il loro territorio che poi distruggono e li fanno misurare con la povertà e con un mondo che non è più il loro. Questo sviluppa una certa aggressività, perché capiscono di essere derubati dei loro spazi e cresce l'odio verso l'uomo bianco. Al tempo stesso comincia ad essere presente anche una discreta criminalità. Noi, che nei villaggi giravamo con estrema tranquillità, in città ci è stato chiesto di non girare da soli per il forte rischio di essere aggrediti. Ti rubano le cose che hai per comprarsi un paio di birre e ubriacarsi...".
Quello che è successo ai Nativi Americani...
"E che ora succede in Amazzonia. Per questo sono tornato a casa anche con un senso di colpa, per questa mancanza di rispetto che i cosiddetti civilizzati, di cui facciamo parte, hanno nei confronti di questi popoli che, ribadisco, vivrebbero benissimo senza di noi, con i loro riti, la loro religione nei confronti della Madre Natura che li protegge, con le loro tradizioni, i loro archi con le frecce... Invece sono stati derubati del territorio dove i bianchi hanno aperto le miniere, sono ormai tirati da tutte le parti da ogni religione del mondo, i cui esponenti sono tutti presenti su quel territorio. La Papua Nuova Guinea è terra di conquista proprio di tutte le religioni. Ma pensano a vestirli, più che a preoccuparsi della loro vita, a come difenderli dalle malattie, a fornire loro un'educazione di base. L'uomo bianco arriva, distrugge e soprattutto mette in crisi i loro valori che sono semplici, ma che hanno permesso loro di continuare a vivere in questo territorio per secoli. Soprattutto nessuno pensa che gli Spiriti della Natura e gli Spiriti degli Antenati non sono poi così lontani da una religione come la nostra...".
Che cosa le è rimasto di questa esperienza?
"La sensazione più forte, in totale assenza di energia elettrica e quindi senza cellulari e tutta la tecnologia che ci portiamo dietro, è il tempo scandito dai tempi della natura, giorno e notte. La vita comincia con il sorgere del sole e finisce al tramonto. Insomma la luce del sole scandisce i ritmi dell'esistenza"...
Cristiana Carnevali