Cristiana Carnevali
Un pizzico di zenzero, un po' di curcuma e qualche altra spezia preziosa, ma innocua, di quelle che arrivano a Venezia a bordo delle grandi navi mercantili che giungono da Paesi lontani ed esotici, se mescolate insieme danno vita a una pozione magica dagli effetti non chiari... Gira tutta qui intorno "La strana storia di Dottor Jekyll e Mister Hyde", portata in scena ad Agugliano, al teatro Ariston, dalla compagnia "Teatro Immagine" di Salzano (Venezia), che ha fatto della Commedia dell'Arte la chiave di lettura di molti classici della letteratura nazionale e internazionale. Classici che tra l'altro non restano "datati", ma sono attualizzati dai riferimenti alla nostra vita di tutti i giorni, dal volantinaggio per salvare l'ambiente e Venezia, alla protesta per il continuo passaggio delle navi da crociera lungo la Giudecca, al Mose, ma non solo. I due atti della commedia brillante prendono il via entrambi dalla lettura del giornale da parte della serva del dottor Jacopo. Lei deve farlo al sole, perché vorrebbe asciugarsi le ossa... In particolare sono due le notizie del Gazzettino di Venezia che colpiscono l'attenzione della governante Teodolinda, ma non solo la sua: da una parte c'è l'aggressione di tale Vianello che stava tornando a casa dopo il teatro e dall'altra lo sfregio del ritrovamento di Gesù crocifisso vestito da donna nella Chiesa dei Frari. L'interessante modalità di avvio dei due atti allo stesso modo è quella di mostrare le due "facce della stessa medaglia": il medesimo inizio di giornata, della stessa giornata, vissuto all'esterno e all'interno della casa del dott. Jacopo. Da qui in poi, la storia, cominciata nel primo atto, prosegue e si sviluppa nel secondo. C'è una similitudine di fondo tra il noto lavoro dell'inglese Robert Louis Stevenson, di fine Ottocento e il lavoro di "Teatro Immagine": la Londra cupa e nebbiosa, che sa di umido, nella quale rieccheggiano i rumori dei passi e lo sciabordio dell'acqua, è del tutto simile a Venezia con le sue calli buie, i canali, la sirena dell'acqua alta, le luci, attenuate dal "caigo", di palazzi e campielli. Ma a Venezia non succede nulla di pericoloso, semmai si ride a crepapelle! Le pozioni fanno tutto un altro effetto e invece di dare vita a un pericoloso assassino, creano una dolcissima miss Heydi, tutta farfalle e fiorellini, che vede il rosa anche dove il rosa non c'è (pure nel burbero mercante Pantalone, ad esempio, che pure riesce a conquistare). Semmai un po' più complesso è l'effetto che la pozione ha su Ottone, il figlio del dottore, un chimico timido, inventore serio e non compreso, che forse per la troppa oppressione che vive in casa si trasforma in Tellurio, un po' agitato, col vocione, che assalta e deruba, riempie di botte il dottore (reo di reprimere il figlio continuamente) e ruba la giarrettiera a Lucilla (di cui Ottone è innamorato, ma senza aver il coraggio di confessare il proprio sentimento). Gli attori, Ruggero Fiorese, Roberto Zamengo, Claudia Leonardi, Daniele Baron Toaldo, tutti bravissimi e ormai noti ad Agugliano per la presenza sempre gradita alle rassegne organizzate dall'Associazione La Guglia, hanno un gioco continuo di cambi di abito e di personaggio, vestendo ciascuno doppi panni e poi cantano, ballano, scappano, recitano, si dilettano un po' con il dialetto veneziano e un po' no (anche perché Pantalone non vuole assolutamente che la figlia Lucilla che lui ha fatto studiare, parli il veneziano), interagiscono con gli spettatori e tra loro, mettendo in mostra le loro grandi doti attoriali. Sì, perché sono davvero unici e mostrano tutto il grande amore con cui salgono su un palcoscenico e, indossando le loro maschere, divertono il pubblico. Così, tra trovate geniali e battute divertenti è possibile imbattersi in Fontego, servo del dott. Jacopo, un po' scosso dall'essere cavia degli "esperimenti elettrici" di Ottone, ma al tempo stesso tutto preso dal compito di operare il suo padrone, perché si sente pronto a farlo, ha visto quasi tutte le puntate di "Grey's Anatomy"! Gli apre la pancia e... ci lascia dentro un guanto da cucina, così è la governante Teodolinda a doverlo andare a cercare. E cerca, cerca, cerca, scivola dentro e finisce in mezzo alle viscere, dove si muovono delle enormi sfere bianche, con su scritto a pennarello operazioni matematiche... Sono i calcoli, che tira in mezzo al pubblico! Insomma che cosa si può dire di più di questa Compagnia che ci ha ormai abituato a trovate sceniche pazzesche? Che è sempre un gran piacere ritrovarli a teatro! Ovvio che la curiosità ora è quella di sapere quale altra opera letteraria finirà sotto la lente della Commedia dell'Arte e diventerà terreno di confronto su cui si cimenteranno i nostri brillanti attori...
Cristiana Carnevali
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E quando pensi di essere esente da emozioni, perché il testo, in fondo, lo conosci già, come conosci bene le performance meravigliose e sempre convincenti di chi lo mette in scena, ecco che l'intensità di tutto quello che provi di colpisce ancora più forte, fino in fondo al cuore... Dicono (Marinella Rodà, Michele Carilli e tutto il gruppo CAR.MA di Reggio Calabria e se lo possono permettere dopo novanta repliche in altrettanti palcoscenici diversi) che è la complicità del teatro che intensifica e amplifica le emozioni. Ad Agugliano lo spettacolo "1861 - La brutale verità" era già stato portato una prima volta durante il Festival nazionale del Teatro dialettale nel luglio 2018 (https://lestregheallegre-polverigi.weebly.com/blog/festival-del-teatro-dialettale-di-agugliano-1861-dalla-parte-del-sud). Era all'aperto, all'anfiteatro, dove effettivamente qualsiasi cosa può distrarre, magari si è infastidi da un rumore, da un insetto, da un motorino che passa lontano... Dentro un teatro, protetti da questo ambiente magico, insonorizzato e accogliente, ogni respiro è una tempesta, ogni battito si moltiplica per mille cuori e le emozioni hanno una vita facile: corrono per le tutte le poltroncine e così, intatte, rimbalzano e anzi si rinvigoriscono quando ritornano sul palco. Già, perché le emozioni le sentono anche sul palco, tanto che Marinella Rodà, splendida voce di questo gruppo unico, dopo novanta repliche e chissà quante prove, si emoziona ancora e ammette di essersi commossa all'ennesimo intonare della canzone "Angelina"... No, certo, con "1861 - La brutale verità" non si ride proprio, ma si cresce, si scoprono verità fin qui sempre nascoste, si ritrova il nostro pessimo modo di ragionare che da sempre ha fatto del sopruso e della rivalsa il cibo quotidiano dell'uomo. Ognuno che si sente principe per un'appartenenza che ha eletto personalmente sopra un piedistallo, ma in fondo ha solo avuto la fortuna di essersi ritrovato dalla parte giusta nel momento giusto... Ma poi, qual è la parte giusta? Non è possibile non farsi domande mentre ascolti quelle parole, mentre il cuore si straccia in mille pezzi, mentre condividi un dolore, prendi parte a una verità che nemmeno immaginavi e chiarisci mille dubbi. Perché girando per l'Italia, viene, ad esempio, spontaneo chiedersi perché nel Sud del nostro Paese non ci sia una grande considerazione per l'Eroe dei Due Mondi, né per l'impresa di Garibaldi e i Mille... Inutile tornare a parlare dei briganti, delle nefandezze dell'esercito piemontese, dell'imposizione di una Unità d'Italia che se pur accettabile a livello concettuale, non avrebbe dovuto assolutamente assumere i canoni di una imposizione da bagnare con il sangue. Lasciamo perdere i vari Lombroso e tutte le sue teorie sulle quali oggi sorridiamo, ma che a guardare bene hanno fatto più danni che altro! Lasciamo ai lettori il bellissimo testo di Michele Carilli, accurato e basato su documenti reali... La necessità è che in ogni angolo di questa nostra martoriata Italia si possa rappresentare questo lavoro, soprattutto nelle scuole, senza se e senza ma, per ristabilire la verità storica, sì, ma al tempo stesso per "soffrirla", sentirsela addosso insieme agli attori, alla musica, a ciò che avviene sul palco. Quello su cui è necessario tornare a puntare l'attenzione è l'intensità con cui Marinella Rodà, con una voce incredibile che ti entra nella pelle, racconta e canta la sua Calabria, facendoti capire, con le sensazioni che si provano, anche quelle parole in dialetto altrimenti incomprensibili; Gabriele Profazio, un narratore che con le sue casacche entra ed esce dai personaggi e lo fa con un verismo così potente che io (anche se non si dovrebbe mai parlare in prima persona, da bravi giornalisti) continuo a sentire tanto freddo ogni volta che lo vedo in maniche di camicia a impersonare il deportato della fortezza di Fenestrelle (Torino), congelato, in quelle temperature glaciali a cui era costretto; il commento musicale di due professori come Alessandro Calcaramo e Mario Lo Cascio, precisi, puntuali, coinvolgenti che guidano lo spettatore in questo mondo di dolore, odio, sorpresa, amore smisurato per la propria terra, la Terra del Sole... Questo è sicuramente il teatro che ci piace di più, quello che ti lascia quasi senza forze, ma con gli occhi lucidi come un bambino davanti ai doni sotto l'albero di Natale... Perché in fondo anche questo è un regalo: la capacità di pensare, riflettere, emozionarsi, condividere con altri, parlarne, solidarizzare e... scoprirsi tutti briganti!
Cristiana Carnevali Un avvocato con una grande suocera è il risultato di una sera a teatro con la compagnia "Il Focolare" di Loreto per il secondo appuntamento con la rassegna organizzata dall'Associazione "La Guglia", ovvero "Incontri d'inverno... per salutarci". La commedia in due atti, "Da giovedì a giovedì", scritta da Aldo De Benedetti nel 1959, gioca su una tela di "suggerimenti" allestita da una suocera un po' invadente e impicciona, impersonata da Rita Papa che della commedia è anche la regista. Ed è proprio questa suocera che tiene in mano le fila di tutta la storia e, soprattutto, della vita matrimoniale della figlia (l'attrice Gabriella Giacomini), terribilmente romantica e facilmente "impressionabile" dalle scene di un film d'amore e dalle belle parole di un uomo che la segue (Paolo Cantarini che rappresenta il "segugio" di un'agenzia investigativa assoldata dal marito di lei). Chiaramente tutto dipende dal bisogno di amore della donna, sposata con un avvocato (Jacopo Criscuolo) molto più grande di lei e poco avvezzo alle romanticherie, ma messo in allarme dalla suocera impicciona che gli suggerisce di portare un presente alla moglie in occasione del suo imminente viaggio a Genova... Nel capoluogo ligure l'uomo resta da giovedì a giovesì, otto giorni nei quali anche la suocera riesce a perdere di vista la vista che si inventa scuse (mal di testa, visite mediche, l'amica, la madre e lo shopping, il dentista...) con tutti ed esce continuamente da sola di casa, rientrando tardi. Mentra la mamma l'aspetta, intenzionata a chiederle ragione di tutto, rientra anche l'avvocato dalla sua trasferta di lavoro a Genova. A questo punto si svelano tutti i misteri, non senza risate a non finire e applausi a scena aperta del pubblico. Tutto sommato un lavoro divertente, condotto ed esaltato da una bravissima Rita Papa che, con il suo personaggio, va oltre alcune battute scontate, dicendo, o meglio, facendo intendere, molto altro sul suo essere stata moglie (e anche amante) prima che madre e suocera. Si porta sulle spalle il peso di tutta la brillantezza della comedia che condivide con un bravo cameriere (Alessio Petrini) divertente e con una calzante espressione dialettale che non è mai venuto meno, considerato anche il ruolo sociale e il periodo in cui è stata scritta la commedia. Divertente nel rappresentare la cattiva voglia di prendersi rimproveri, di subire le ire dei "padroni" o di assumersi compiti "rischiosi" come lo svegliare l'avvocato che per una notte ha dormito sul divano e non sembra affatto intenzionato a voler dare inizio alla propria giornata. Accurati i costumi, soprattutto la "mise" della suocera. Inguardabile l'avvocato in accappatoio e calzettoni a quadri! Cristiana Carnevali |
AutriciSiamo donne, di Polverigi e intorno al pentolone della marmellata ci divertiamo davvero! Archivio
Luglio 2022
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