"L'ho conosciuto non direttamente - dice Corrado Fortuna, parlando del fondatore di Inteatro - ma ho studiato molto e come sempre questa Italia si dimentica dei suoi figli più rappresentativi. Ho vissuto a Polverigi e ad Ancona cinque settimane molto intense, parlando con le persone che l'hanno conosciuto e che, non appena nominavi Roberto Cimetta, si mettevano a raccontare e si commuovevano. Tutti questi racconti per me e per il regista Dario Baldi sono stati molto utili per entrare nel personaggio e rappresentarlo al meglio in scena. Se pensi, io e Roberto non avevamo fisicamente molto in comune, nessuna somiglianza. E poi io sono palermitano, veniamo da mondi diversi, quindi avevo proprio bisogno di avere, come dire, riferimenti umani e personali da chi lo aveva conosciuto, incontrato, amato. E' stato tutto molto utile, per me, all'epoca delle riprese. Vivere lì per cinque settimane è stato fondamentale anche per l'interpretazione, della quale devo dire sono molto contento, anche se non sono uno di quelli che si piacciono sempre, quando si riguardano, ecco. Il film "La leggenda di Bob Wind" è stato una bomba ed è veramente un peccato che non abbia avuto un percorso migliore, perché un film del genere meritava davvero di più!".
"Io sono un raccontatore di storie...", prosegue, quando gli chiedo se si sente più attore o scrittore. "Retorica a parte - dice Corrado - dopo venti anni che faccio questo lavoro ho capito che quello che mi interessa è raccontare delle storie e raccontarle su una pagina o su una pellicola alla fine sono modi diversi per raccontare. Vedi, la storia di Roberto Cimetta, su quel film, alla fine non è solo la storia di Roberto Cimetta, ma è un insieme di quello che io e il regista abbiamo tirato fuori da ciò ha fatto, ciò che ci ha colpito di più di ciò che ha detto e che ci hanno raccontato di lui. Però, ecco, quello che mi interessa di più sicuramente è raccontare storie e in questo la scrittura è venuta prima in qualche modo, anche se... in forma domestica. Sai quando fai il cinema, il tuo ego viene, come dire, solleticato, per carità, in modo meraviglioso, però i risultati dipendono dal lavoro di tutti, dove tutti sono utili e nessuno è indispensabile e necessario, invece questa esperienza di mettere al mondo un figlio da solo, come un romanzo, è una sensazione nuova che mi fa sentire anche molto più responsabile di quello che scrivo e che dico. Però non so rispondere alla tua domanda e se proprio devo dirtela così nuda e cruda, se in questo momento riuscissi a vivere di scrittura non mi dispiacerebbe, perché mi darebbe la possibilità di scegliere più accuratamente e meglio le cose che faccio al cinema e non prendere tutto quello che mi viene proposto, a volte proprio per una questione meramente economica. Purtroppo, diciamo che per vivere di scrittura bisogna diventare Ammaniti e io non pretendo di essere il miglior scrittore italiano vivente, per cui, insomma, c'è tempo, ecco...".
Tutto quello che è venuto dalla tua amicizia con Carlo Virzì e quindi con il fratello, il regista Paolo, Toronto, il primo film, sono stati davvero una grande giostra: eri giovane e hai colto al volo l'occasione di fare un'esperienza nuova, ma anche così invidiabile...
"E' stata una fortuna quella di fare il primo film con un regista che conoscevo benissimo come Paolo Virzì, fratello del mio amico Carlo e soprattutto persona con una grandissima valenza letteraria. Ed è stato formativo, quasi un anno di riprese perché con la situazione di Cecchi Gori ci è stata data l'opportunità di stare un anno sul set e io ho imparato moltissimo, quasi come un anno di scuola, con un regista molto letterario, molto attento al mondo della narrativa, del romanzo in generale. Paolo Virzì è fanaticamente innamorato dei romanzi picareschi, scegliendo sempre come protagonisti i giovani. Forse proprio per questo scrivo sempre di giovanissimi o post-adolescenti. Paolo viene fuori da quella tradizione della Commedia all'italiana di cui furono protagonisti scrittori come Furio Scarpelli, con il quale ho avuto l'onore di cenare qualche volta e al quale ho sentito raccontare delle cose, mentre stavo zitto ad ascoltare in un angolo, con occhi tanti e orecchie aperte. Quindi forse non è un caso che sia abbia scritto sia abbia avuto paura di pubblicare, perché come fai..."
Beh, l'umiltà è sempre un bel vestito e soprattutto lo è delle persone intelligenti e ti fa sentire piccolo piccolo...
"Assolutamente! Non avrei mai potuto reggere alla botta emotiva di sapere che Furio Scarpelli avesse potuto leggere un mio romanzo! Però, sicuramente il fatto di essere stato a contatto con un mostro sacro che ho conosciuto poco eh, io l'ho visto tre o quattro volte in vita mia, però il fatto di essere stato vicino a quelle persone là, con una tale presenza, a quelle esperienze là, mi ha avvicinato tantissimo al modo di scrivere e a quel modo che hanno loro di non prendersi troppo sul serio, essere autoironici e non ritenersi artisti, ma artigiani, che tutta la vita hanno fatto questa differenza tra arte e artigianato nel cinema. Ecco io sono artigiano in tutto quello che faccio...".
"Prima "Cefalonia" e poi "Tutti pazzi per amore" che effettivamente è stata abbastanza rivoluzionaria, come fiction tv, perché portava nelle case degli italiani una ventata di aria fresca e su RAI Uno, poi, che è sempre stato il canale delle storie classiche e anche un po' bacchettone, portare una serie dove si cantasse così tanto, dove si parlasse di omosessualità, famiglie allargate, disfunzionali, ecco questo è un risultato di cui sono molto orgoglioso. Poi, sicuramente la mia vita è cambiata dal punto di vista della popolarità: la televisione ti fa entrare nei salotti e nelle cucine della gente. Io non so cosa penso della popolarità: non credo che il mio lavoro sia di essere popolare o che serva più di tanto, però sicuramente mi ha aiutato a poter dire la mia, un microfono o un megafono per poter continuare, presuntuosamente, a dire la mia su tante cose. Probabilmente senza "Tutti pazzi per amore", io e te non saremo qui adesso..
Chi può dirlo? Magari, diventavi subito uno scrittore...
"Ma sì, forse sì. Anche se, sai, questa cosa di scrittura e popolarità è un'arma a doppio taglio, perché in questo Paese si pubblica tantissimo e ci sono un sacco di "non scrittori" sui quali, comprensibilmente c'è del pregiudizio. Io stesso quando mi trovo davanti il libro di una persona famosa, prima di cominciare a leggerlo ho un pregiudizio che, dopo averlo letto, spesso... viene confermato! Per cui quando si tratta di dovere in qualche modo convincere l'Intellighenzia ci si deve preparare... Io studio moltissimo per scrivere, passo intere giornate in biblioteca. Per questo ultimo libro, ad esempio, ho riguardato tutta la Seconda guerra mondiale e in certi casi non mi è bastato e ho ritirato fuori anche i libri dell'Università, facendo delle ricerche pazzesche proprio per convincere questo mondo qua. Perché io non sono così tanto popolare da convincere una casa editrice a dire: "Ti pubblichiamo questo, perché tanto sei popolare e lo vendiamo comunque", però al tempo stesso sono abbastanza popolare da far dire: "Oddio anche questo pubblica libri?"... ed è questo il doppio taglio! Però ci sta, lo comprendo. Ma serve poi ad aumentare la soddisfazione quando riesci a convincerli".
Quanta Sicilia di porti dentro? E quanto ha contribuito a quello che sei oggi, insieme a Firenze, città importante per te?
"Me la porto tutta, non ne porto un pezzettino! Io sono un meridionalista convinto e mi emoziona soltanto adesso a dirtelo per fare un esempio. Io non riesco a essere separato dalla terra dalla quale provengo, ma probabilmente non riesce a farlo nessuno, qualunque sia la propria terra, in più la mia terra è una terra, come dice il mio dottore, "molto entrante", anche se io per dieci - quindici anni in qualche modo sono scappato da Palermo, perché la ritenevo una città invivibile, da lì sono passati venti anni e non vedo l'ora di tornarci ad abitare. La Sicilia me la porto sicuramente appresso. Anche in questo ultimo romanzo, "L'amore capovolto", per una promessa fatta a mio padre, una persona viene da Palermo, in quel portacenere con su scritto "Da Peppino a Palermo"... Non credo che questo sia bastato a non farmi vivere la scrittura di questo romanzo in qualche modo condizionata dalla mia provenienza, la Sicilia è una terra di grandi letterati, grandi artisti, poeti e questo probabilmente mi ha condizionato. Palermo è stata e spero torni ad essere la capitale del Mediterraneo. Le premesse ci sono tutte, perché la città è molto cambiata da quando io me ne sono scappato, perché c'è un'influenza del mondo culturale che sta facendo risorgere Palermo come un'Araba Fenice, da parte della generazione di cui faccio parte che ha preso sulle spalle la città e sta cercando di cambiarla. Anche se qualcuno dice che con la cultura non si mangia, oggi Palermo con la cultura sta creando un indotto economico e lavorativo non indifferente".
Domanda canonica... Progetti?
"Cinematografici ce ne sono tanti, più che altro televisivi in realtà, perché adesso escono un po’ di cose che ho fatto lo scorso anno, in cui ho lavorato davvero tantissimo e quando finivo di scrivere andavo sul set. E' in onda su Rai Uno una serie nazional popolare, termine che io amo molto e vorrei che tutto quello che faccio fosse nazional popolare, non nell’accezione di popolarità, ma in quanto comprensibile e destinato a quanta più gente possibile, senza finti intellettualismi, però raccontando verità e cercando di raccontarle nel modo migliore. Dicevo, è in onda su Rai Uno "Questo nostro amore 80", terza stagione della fiction (io non ho partecipato alle altre due). Poi, credo a settembre, sai io lavoro tanto per Rai Uno e molto dipende anche dai governi, quindi credo possa andare in onda a settembre, un film per la tv meraviglioso di Giulio Manfredonia che si intitola "Tutto il mondo è paese" che ho fatto con Beppe Fiorello, in cui si raccontano storie di immigrazione in Italia, veramente meraviglioso. E poi sto aspettando indicazioni per un film di Giacomo Campiotti. Insomma di lavoro e di carne sul fuoco ce n’è parecchia e in più, ora faccio ancora un po’ di promozione a questo libro e poi mi richiuderò nel mio studiolo perché è proprio ora di ricominciare a scrivere!".
Dj di techno, sceneggiatore, regista, musicista (anche se ammette di strimpellare solamente), divide la sua vita professionale tra il set e il suo piccolo studio, ricavato in un angolo del seminterrato di casa sua da dove vede il suo giardino e che è già in fase di allestimento per il prossimo romanzo. Già, perché Corrado si immerge totalmente nelle storie in cui scrive e ogni volta trasforma tutto lo studio, con poster, libri e materiale inerente lo sfondo della storia di cui si occupa. Ma in attesa della prossima fatica letteraria, il consiglio è proprio quello di leggere il suo romanzo appena uscito, "L'amore capovolto"(secondo romanzo di Corrado Fortuna dopo "Un giorno sarai un posto bellissimo"), con la ricchezza di particolari, anche di aspetti cinematografici e di un colpo di scena che rappresenta il punto di svolta inaspettato del romanzo che ti costringe a rimanere inchiodato alle pagine per sapere come andrà a finire...
Cristiana Carnevali
Grazie al sindaco di Polverigi Daniele Carnevali, a Maurizio Esposto e a Silvano Turbanti per le foto del set del film "La leggenda di Bob Wind".