Ha parlato di identità e del legame profondo con il territorio, Daniele Carnevali, sindaco di Polverigi, che ha portato il saluto dell'amministrazione comunale ospitante, ma soprattutto la sua riflessione: "Credo che l'identità di un territorio e di un nucleo di cittadini sia come la fede che aiuta a non barcollare davanti alle sfide".
"Il terremoto - ha affermato il presidente del Consiglio regionale, Antonio Mastrovincenzo - è la più grande catastrofe, dopo la guerra". Ha dato "due piste da seguire": "un patto per lo sviluppo che coinvolga tutti gli attori locali, convergendo sui territori la grande quantità di fondi, anche europei, a disposizione per far rivivere i luoghi distrutti dal sisma" e "un accordo con le università regionali, con un team che lavorerà sui 'nuovi sentieri di sviluppo' per favorire il nascere delle idee attraverso gruppi di giovani ricercatori guidati dal prof. Sargolini".
Per ritrovare lo spirito della comunità si deve capire dove è andata la gente, in questo momento divisa in soluzioni di emergenza sparse sul territorio, soprattutto lungo la costa, anche perché senza il senso di identità della comunità non si trovano soluzioni. E' necessario ripartire dalla partecipazione delle persone, dalle scuole, dalle competenze dei territori: si può ripartire soltanto lavorando insieme. E quella di Polverigi è stata un'ulteriore occasione per raccogliere idee e contributi.
Del medesimo parere si è detto il sindaco di Amandola, Adolfo Marinangeli: "La ricostruzione è finalizzata al ripopolamento, ma dobbiamo capire chi torna. Ho chiesto di risistemare in primis gli edifici di proprietà del Comune, in modo da poter far rientrare chi ne ha fatto richiesta. Ma a questo punto la cura dell'ambiente e del territorio è fondamentale, perché c'è rimasto solo il turismo. Non c'è altro".
Il sindaco di Belforte, Roberto Paoloni, ha avuto un'altra modalità di lavoro: "Da noi non ci sono state 'zone rosse', la ricostruzione è partita subito con la messa in sicurezza del centro storico. Questo ha dato un senso di sicurezza in più ai cittadini e nessuno è andato via, ma abbiamo chiesto a chiunque avesse una seconda casa di metterla a disposizione con affitto calmierato. D'altronde in questo momento c'è da chiedersi: perché vivere in un territorio come il nostro? Non siamo pronti a competere con i servizi e le opportunità della costa, quella costa che ora i nostri giovani stanno conoscendo. Il rischio è quello di diventare tanti presepi, scenari per girare film...".
Tutti d'accordo, quindi, sul fatto che prima dei mattoni è il caso di buttarsi sulle idee.
"Come posso aiutarvi? - ha detto il prof. Massimo Sargolini - Con il pensiero, il confronto, le idee...". Ha parlato di documenti, il docente universitario di Camerino, di quella Carta di Fonte Avellana che doveva essere strategica per lo sviluppo dei territori montani; la Convenzione degli Appennini che doveva dare risposte efficaci alle zone interne, a un territorio già in difficoltà. Il terremoto ha solo aggravato quell'asse già in discesa. "Questo attuale - ha proseguito Sargolini - è il periodo più difficile. Nell'immediato dell'emergenza c'era una grande partecipazione. Ora il futuro deve nascere dal locale, dalla volontà e dalle idee del territorio. E' passata una linea che non vuole fermarsi a pensare, nessuno 'perde' tempo a pensare. Questo con me è motivo di scontro: non servono visioni nostalgiche, né immagini futuristiche, si deve lavorare nella contemporaneità e quindi il 'dov'era, com'era' forse non sarà più possibile né pensabile, perché sono saltate reti e sistemi e la ricostruzione deve pensare a vie di accesso e di fuga, deve considerare gli slarghi, anche se prima, lì, c'erano le case. Come sarà? In certe cose ho l'obbligo di segretezza, ma quello che posso dirvi è che alcune zone dovranno per forza essere delocalizzate, calcolando il rischio idrogeologico. Per chi? Questa è la domanda più coraggiosa. Per chi ricostruiamo? Quali traiettorie di sviluppo? Quali sono le comunità che torneranno, come torneranno e perché?".
Servirà conoscere le persone, la loro età, la condizione sociale: in pratica se sono anziani, giovani, se hanno necessità di lavorare, se sono in pensione, se hanno bisogno della scuola o di altro genere di servizio. Inevitabile la selezione naturale, ci saranno persone che tornano e altre che non torneranno più. Insomma la ricostruzione deve ripartire dalla gente dei luoghi terremotati, da chi ha perso la propria casa, ma non il proprio senso di comunità e di appartenenza, l'amore per il proprio territorio, la voglia di ricominciare proprio lì. E in questo senso si sono indirizzati gli interventi di tutti gli architetti e gli ingegneri che hanno portato il proprio contributo al convegno. A conclusione dei lavori "Cuore delle Marche", la musica del violino di Marco Santini, le immagini di Paolo Bolognini, con il montaggio e coordinamento di Paolo Principi.
Cristiana Carnevali