Cristiana Carnevali
"Minchia signor tenente" è la frase urlata dal brigadiere di una tranquilla caserma siciliana al suo superiore, che conclude l'omonimo spettacolo. L'esasperazione, il dolore e la rabbia nei confronti di chi si mostra insensibile di fronte alla perdita di due militari di quella stessa caserma, morti a Capaci nel servizio di scorta del giudice Falcone. Sono gli ultimi minuti del lavoro della Compagnia teatrale "Le voci di dentro" di Assisi che arrivano come un pugno dritto allo stomaco, inaspettato, vero, dopo circa due ore di risate, di battute, di condivisione di una quotidianità tutto sommato serena della caserma non interessata da grossi eventi criminosi, ma da piccoli furti, o addirittura segnalazioni di furti che in realtà sono solo un modo per mascherare la propria dabbenaggine. "Minchia signor tenente" di Antonio Grosso, per la regia di Gianni Bevilacqua, con Carmelo Musumeci, Gianni Bevilacqua, SImone Aisa, Daniele Peluso, Stefano Sannipola, Donato Celeste, Michele Russo e Jenny Lucchini è il secondo spettacolo andato in scena per il Festival nazionale del teatro dialettale 2022, organizzato dall'Associazione la Guglia con l'appoggio, la collaborazione e il patrocinio del Comune di Agugliano. Una seconda serata all'insegna della riflessione, con un altro testo indubbiamente unico, il cui titolo è stato ispirato dalla canzone che Giorgio Faletti presentò a Sanremo nel 1994, ma che ha voluto soprattutto essere un ricordo, senza dubbio molto particolare, a trent'anni dalla morte del giudice Giovanni Falcone (imprescindibilmente legato anche in questa occasione al giudice Paolo Borsellino). Per non dimenticare mai, nemmeno quando si è a teatro e si sta ridendo, perché la verità (e in questo caso il ricordo), ti arriva dritta al cuore. Bella la rappresentazione di una piccola caserma di provincia, in Sicilia, dove in realtà non succede mai niente di eccessivo e i cinque carabinieri che ne fanno parte che sono davvero una famiglia: si aiutano, si coprono, si spalleggiano, si raccontano, spingono il giovane militare che è stato messo in cucina (e per questo motivo ha stretto rapporti con la figlia del fornaio e ora vuole sposarla), a chiederla in moglie in fretta prima di un possibile trasferimento; cercano di far prendere una licenza un po' più lunga al collega che deve rientrare a Roma per il matrimonio della sorella (gli hanno concesso solo tre giorni che sono l'esatto corrispettivo del viaggio e poi?). Una vera e propria famiglia, finché non viene inviato da loro un tenente un po' troppo ligio al dovere che già appena arrivato e soltanto per il fatto di rispondere alle sue domande, li consegna tutti. Gli scherzi tra loro, le battute, devono essere nascosti, perché il tenente non apprezza, ma si gonfia come un pavone quando gli viene chiesto di inviare due dei suoi a fare la scorta al giudice e resta altrettanto gonfio, quando quei due suoi uomini diventano eroi. Un ritmo che non viene mai meno, un gruppo di attori bravissimi, due ore esilaranti e un finale che toglie il fiato: questo in sintesi lo spettacolo della Compagnia "Le voci di dentro" di Assisi. A completamento di una serata così speciale, dopo gli applausi finali del pubblico, le confessioni di Carmelo Musumeci, lasciano ancor di più a bocca aperta: ha scontato un ergastolo per delitti connessi alla mafia, ma ora è pentito di tutto ciò che ha fatto e presta il suo servizio in una comunità di disabili. E l'omaggio a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino si arricchisce di un significato in più.
Cristiana Carnevali
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Tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento si assistette in Italia a un potente e incredibile flusso migratorio di cittadini italiani. "Andavano a cercar fortuna", si diceva, anche se quella che cercavano era solo una vita migliore nella quale crescere la propria numerosa prole. Ecco, questo è stato l'argomento portato sul palcoscenico del teatro all'aperto del Parco delle Querce di Agugliano dal Teatro Impiria, compagnia di Verona che ha aperto l'edizione 2022 del Festival nazionale del teatro dialettale, organizzato dall'Associazione La Guglia. Storie di emigranti, emozioni di racconti che si perpetuano nel tempo e nei luoghi, perché anche i nostri corregionali marchigiani, in quel periodo storico hanno vissuto un flusso importante di emigrazioni, come il Veneto e come le altre regioni italiane, chi più, chi meno, in virtù di quel sogno americano fatto di prospettive migliori. Non ce l'hanno sempre fatta tutti, ma qualcuno, un tozzo di pane in più, è riuscito a guadagnarlo, anche se in cambio delle tante difficoltà iniziali, dei sacrifici, della nostalgia verso il proprio paese e le proprie abitudini.Un inizio intenso, quindi per il Festival 2022, nel quale il pubblico è stato trasportato, sull'onda delle suggestioni, di qua e di là dell'oceano, attraverso i racconti di Guido Ruzzenenti, la voce narrante che ha dato forza e vigore alle storie e all'Acoustic Duo (ovvero Stefano Bersan e Antonio Canteri), che ha commentato in musica il testo, rendendolo ancora più completo con i suoni, i mille suoni così familiari e così espliciti, che hanno portato per mano gli spettatori direttamente dentro le parole. Proprio questi suoni hanno attirato l'attenzione anche visiva dei presenti al teatro all'aperto, perché prodotti da strumenti unici e mai visti, a cominciare da tutta la serie di armoniche a bocca di Antonio Canteri di ogni forma e dimensione, fino a un tubo metallico pieno di materiale apposito che riproduceva il suono del carbone e del pietrisco, quando vengono trasferiti nei carrellini per il trasporto dalla miniera, o ancora e ancora più affascinante, quella specie di tamburello gigante, chiuso da entrambi i lati con particolari pelli, diverse tra loro e che contiene all'interno delle piccole sfere che se sapientemente manipolate riproduce il suono delle onde e del mare. Sapientemente manipolate, appunto e Stefano Bersan è stato bravissimo, così come è stato abile nei canti e nella musica creata dalla sua chitarra. Abile la regia di Andrea Castelletti, per l'occasione e in via del tutto eccezionale al mixer, che ha corredato i racconti di foto d'epoca, delle famiglie protagoniste del testo.Una partenza alla grande, quindi, per il Festival nazionale del teatro dialettale di Agugliano, un'altra occasione per crescere con il curatissimo testo di Raffaello Canteri che si intitola come lo spettacolo "Un ponte sugli oceani" e che ha avuto la capacità di raccontarci non soltanto una storia come possono essere state, sono e saranno le storie di tutti gli emigranti, ma per un attimo ci ha riconciliato anche con l'uso delle tecnologie, perché proprio grazie a una neonata internet (il libro è del 2009) ha potuto condurre tutte le sue ricerche, contattare le persone, confrontarsi con le nuove generazioni di veneti che sono nati altrove, entrare in comunione con un mondo estremamente affascinante, anche nella sua tristezza. Anche Internet è stato un ponte fra gli oceani, il tanto bistrattato Internet ha portato alla luce storie di generazioni, di vita, di quotidianità, di sofferenza e di lavoro, che Canteri ha raccolto e messo insieme, generando anche uno spettacolo che ormai dal 2009 sta facendo il giro del mondo, raccogliendo ovunque i favori del pubblico. Perché a teatro si può anche non ridere, ma aprirsi a un altro genere di emozioni, di sentimenti, di riflessioni per accrescere di nuove sfumature la propria spiritualità.
"We are One Woman, your courage keeps me strong. We are One Woman, you sing, I sing along. We are One Woman, your dreams are mine. And we shall shine"... Siamo una donna sola, il tuo coraggio mi mantiene forte. Siamo una donna sola, tu canti, io canto insieme. Siamo una donna sola, i tuoi sogni sono i miei. E noi brilleremo... (https://www.youtube.com/watch?v=Dnq2QeCvwpw&list=PL3rc8FEOW8SaXAqofHn21SFEe0m7IDBEd). È Il testo di una canzone scritta a più mani, femminili e maschili, diventato una canzone della UN Women, ente delle donne dell'ONU. Nonostante questo, non ha mai scalato le classifiche. Vogliamo credere che sia perché non ci sono nomi famosi tra autori, autrici e cantanti e non perché le donne non fanno notizia. Anche se... "OneWoman" è diventata la colonna sonora di "Orange the world", campagna di sensibilizzazione proprio dell'ente UN Women, a cui, come ogni anno, ha aderito anche la Farnesina per attirare l'attenzione sulla prevenzione di ogni forma di violenza contro le donne (#HearMeToo) e che cercherà di ritagliarsi il posto che merita, sotto i riflettori, fino al 10 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti Umani. Il 25 novembre è stato come sempre (a parte il periodo di lockdown) onorato dall'amministrazione comunale di Polverigi, con una lunga lista di leggi, convenzioni, eventi che avrebbero dovuto portare cambiamenti nel modus operandi di certi uomini, provvedimenti letti da sei donne sulle cui spalle venivano proiettate immagini e con in sottofondo proprio la canzone "One Woman". Ad ascoltare attentamente, è stato evidenziato come, dal punto di vista legislativo, si sia fatto molto in quaranta anni, cioè da quel 5 agosto 1981, quando la legge 442 abrogava articoli del codice Zanardelli (1889), riguardanti il matrimonio riparatore, il delitto d'onore, l'abbandono di neonato per causa d'onore. Ma evidentemente non basta se i minuti che separano la morte di una donna dall'altra, nel nostro Paese, sono sempre di meno. D'altronde anche nel film "Lea", proposto dalla tv qualche giorno fa, è risultato chiaro che i cosiddetti programmi di protezione servono a poco, a meno che non si resti a vita chiuse nelle bolle create ad arte, senza vedere mai la luce del sole, sia perché non è semplice modificare le proprie abitudini, sia perché la mente di certi criminali (perché tali sono) arriva oltre il pensabile, sia perché la società, ma anche le sue strutture non sono capaci di difendere. "Che cosa serve?", si è chiesta anche l'assessore Patrizia Lombardi. Difficile dirlo, di certo incontri pubblici e periodici di sensibilizzazione, che vadano oltre la sola giornata celebrativa. Poi tanta, tanta pazienza e accortezza da parte delle mamme, delle insegnanti, di tutte quelle donne cioè che, a qualunque titolo, possano scardinare un sistema di pensiero e un modus operandi ancora legato al concetto del maschio forte, che non piange mai, che non deve chiedere, ma pretendere, che può costringere una donna a qualsiasi cosa (a cominciare dalle più banali come preparare un caffè, o stirare una camicia). C'è da scardinare una società che pensa ancora (e lo vediamo tutti i giorni) che con la violenza (anche verbale) si ottiene tutto, che vale la legge del più forte, che si comporta come una comunità di uomini primitivi, ma al tempo stesso pretende di essere erudita. È un cambiamento culturale profondo e radicale, quello che viene chiesto a questa società, ma onestamente, guardandoci intorno, siamo pronti? |
AutriciSiamo donne, di Polverigi e intorno al pentolone della marmellata ci divertiamo davvero! Archivio
Luglio 2022
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