"Ci tenevo a esserci - ha detto Antonio Mastrovincenzo, arrivato in tempi da record da Roma, dove ha avuto una mattinata piuttosto impegnativa tra il Consiglio Stato Regioni e l'incontro con il presidente dell'Unicef Italia - perché in questi anni come Consiglio della Regione, nel Giorno della Memoria ci siamo impegnati tantissimo, istituendo anche un Tavolo della Memoria con tutti i soggetti interessati e coinvolti con questa tematica. La prima cosa che abbiamo pensato di fare, dal 2015, è stata quella di studiare e approfondire quanto la Shoah avesse interessato la nostra regione e gli studi sono stati pubblicati nei Quaderni del Consiglio. E così abbiamo verificato che nelle Marche non c'era una pietra d'inciampo e abbiamo così cominciato, grazie alla collaborazione con Gunter Demnig, l'artista tedesco che le ha ideate e le ha incastonate in tutte le città d'Europa. Ora ne abbiamo diciassette, sedici ad Ancona e una a Ostra Vetere. Con questo lavoro avete aggiunto un tassello rendendo note quante famiglie qui hanno contribuito a salvare vite umane. Qui a Polverigi soltanto i Pigliapoco sono annoverati tra i Giusti, invece credo che tanti dovrebbero essere riconosciuti, perché sono tante le famiglie della nostra regione che si sono impegnate in questo. Il Talmud, che è il testo che raccoglie molte frasi dei rabbini, dice che salvare una vita umana è salvare l'intero mondo. Mai come in questo periodo questa frase ricorre forte e dovremmo sentirla tutti fortemente nel nostro animo! Dovrebbe essere la nostra bussola per la vita quotidiana della nostra comunità. Quindi grazie a voi e grazie a questo libro nel quale ricordate queste figure che devono essere degli esempi per la nostra vita di cittadini e parlo anche come rappresentante delle istituzioni".
Entrando nello specifico della pubblicazione, il presidente della Mediateca, Sergio Rigotti, ha cominciato raccontando ai presenti quanto successo dall'idea iniziale: "Il nostro quaderno è stato frutto di un anno di duro lavoro di tre persone della Mediateca e tutto si è intensificato dopo un incontro, avvenuto lo scorso anno, con le scuole. Non potevamo affidare ai ragazzi un lavoro del genere, con così pochi testimoni diretti (sostanzialmente ne abbiamo trovato solo uno), perciò abbiamo cominciato a ricercare, con il supporto di Massimo Paesani che è un po' la nostra memoria storica e siamo riusciti, dopo un anno, a presentare questo quaderno che è sostanzialmente diviso in tre parti: la prima è di carattere storico e illustra e spiega la storia del popolo ebreo fin dall'antichità; la seconda è una finestra sulla vita della comunità ebraica di Ancona e sulla storia delle leggi razziali e delle loro conseguenze; la terza, invece, illustra quanto accaduto a Polverigi e il comportamento dei suoi abitanti dal settembre 1943 al luglio 1944. Non sapevamo nulla di alcuni casi, ne avevamo sentito vagamente parlare, ma non avevamo sicura materia per poter lavorare. Oggi siamo sicuri di non aver esaurito tutta la nostra ricerca. Sappiamo ad esempio che c'è un ulteriore caso, rimasto semisconosciuto, di un insegnante che a quel tempo è stato nascosto in casa Radini, in contrada Venetica. Da tutti questi casi e dalle testimonianze che abbiamo avuto dagli eredi di chi ha nascosto ebrei nelle proprie abitazioni, è venuto fuori il racconto che evidenzia il valore morale e civile di persone comuni che hanno preferito l'aiuto a loro simili, alle disposizioni di legge, non solo sbagliate, ma che portavano direttamente alla deportazione e alla morte".
Rigotti ha poi ceduto poi il microfono al generale Massimo Coltrinari, direttore CESVAM. "E' un piacere tornare a Polverigi- ha dichiarato, entrando però subito in argomento - Quello che è successo negli anni 1938, 39, 40, 41, 42, 43, 44, 45, ma anche 46, 47, ma anche 48, perché nessuno ci ha raccontato cosa è successo ai sopravvissuti dei campi di concentramento e di sterminio e d'altronde ci ritroviamo nella Giornata della Memoria a parlare di attualità, perché se noi consideriamo che, dati del Viminale alla mano (pubblicati dalle maggiori testate italiane), degli oltre quattromila immigrati che sono arrivati da noi nessuno si è visto riconoscere alcunché, non hanno avuto cittadinanza, residenza, né altro riconoscimento civile. La stessa identica situazione quando negli anni '38 - '40, cittadini italiani di razza ebraica sono diventati improvvisamente... niente. La colpa è di tutti noi! Non serve trovare un capro espiatorio, non deve più succedere! La colpa è di tutti noi. Io sono nato a Castel d'Emilio e mia madre era di Agugliano dove mio nonno aveva dei terreni. Ci ha raccontato tutto del periodo della guerra, nei minimi dettagli, ma non ha mai accennato, se non di sfuggita, a questa presenza di ebrei nascosti nei terreni del padre, nascosti dai contadini del padre. Abbiamo riflettuto molto su questo. Perché? Perché per la popolazione italiana, soprattutto quella contadina, poco istruita, se non per niente istruita, non era reato essere ebrei. E' reato rubare, uccidere, compie reato chi viene perseguitato perché fa cose cattive. Quindi questo nascondere persone che non hanno compiuto reati, è stata fatta passare tranquillamente, senza soffermarcisi sopra. Non c'erano i mezzi di oggi, non c'era la Giornata della Memoria e quindi è scivolato via. I 45 mila ebrei, che non è che incidessero troppo su una popolazione di 42 milioni di persone, anche loro non capivano perché succedeva questo. Come aveva capito il contadino che poi ha soccorso, rischiando e sapendo di rischiare; l'hanno capito i Carabinieri che come sempre sono una struttura portante dello Stato che interpreta la legge, non è che la applica, ecco la grande forza dell'Arma, perché interpreta il sentimento. Qui si trattava soltanto di andare a perseguitare gente che era di un'altra razza. Inutile ricordare che la nostra Costituzione dichiara: 1) che l'Italia è fondata sul lavoro e quando governo o istituzioni danno qualcosa a una persona, non è un privilegio, ma dobbiamo restituire con il lavoro! E questa è una cosa da dire a chi ospitiamo: il nostro Paese si basa sul lavoro; 2) che non c'è differenza di razza".
Il gen. Coltrinari è sceso poi nello specifico di alcuni documenti, leggendo anche alcuni stralci di lettere, da cui ha voluto evidenziare che il fascismo, dopo il '38, ha proprio fatto una questione specifica di razza, in barba al fatto che molti ebrei fossero servitori della patria e per di più fascisti convinti, ma soprattutto italiani orgogliosi di esserlo. Attraverso l'istituto del Nastro Azzurro fondato nel 1923, con Mussolini come primo socio, il generale ha annunciato la pubblicazione di due volumi, invitando a leggerli e riflettere sugli analogismi con l'attualità.
Leonello Falaschi, uno degli autori della pubblicazione della Mediateca di Polverigi che si è occupato della parte storica, ha evidenziato alcuni passi importanti della sua ricerca sulle persecuzioni ebraiche sin dalla storia antica, "perché tali persecuzioni - ha detto - sono nate contemporaneamente alla nascita del popolo ebraico, tanto che qualcuno l'ha chiamato l'odio più lungo della storia! L'ebraismo, nonostante le dolorose vicende, ha saputo dotarsi di una forte ideologia, capace di preservare una concezione di sé molto alta". A conferma di questa sua tesi ha citato Primo Levi in un passo in cui descrisse il popolo ebreo. "Nella mia parte del testo mi sono occupato anche dei luoghi del culto ebraico del nostro territorio, per esempio il Campo degli Ebrei di Ancona, importante dal punto di vista storico: attraverso le epigrafi delle stele sul campo si può ricostruire la storia della Comunità ebraica di Ancona. Poi ho parlato di vicende storiche legate alle sinagoghe, ormai ce n'è rimasta una, suddivisa in due parti, una per il rito in italiano e l'altra per il rito levantino, luoghi molto diversi dalle nostre chiese per la loro essenzialità, con addobbi poveri e pochi elementi fondamentali per i riti. Ho parlato, quindi, del ghetto e ho evidenziato due storie, una di Giacomo Russi e del figlio Sergio, l'altra di Attilio Morpurgo e il figlio Gaddo".
"Sono molte le cose che mi hanno colpito in questa esperienza - ha aggiunto la giornalista Cristiana Carnevali che ha contribuito alla stesura delle storie raccontate dalle testimonianze raccolte - Innanzi tutto la volontà di dimenticare, che è un desiderio espresso da molti degli ebrei che hanno vissuto e raccontato l'esperienza terribile dei campi di concentramento, ma anche di coloro che sono scampati alla deportazione ed è poi anche la stessa delle testimonianze che si trovano nei libri che parlano della Shoah".
Riflettendo su questo desiderio di dimenticare questo periodo così buio della storia dell'Europa e del mondo, si aprono mille aspetti diversi, dalla voglia di dimenticare l'abbrutimento umano, alla necessità di allontanare i propri pensieri da chi ieri era amico e oggi carnefice, così come il prendere le distanze dal dolore di tante persone vicine, parenti, conoscenti, amici, che sono finiti deportati e sono morti nei campi di concentramento. Ma per fortuna a Polverigi ci sono stati esempi di grande coraggio e solidarietà, quello dei coniugi Pigliapoco, Giusti tra le Nazioni, che hanno messo in salvo la famiglia Morpurgo, proprietaria dell'appezzamento di terreno su cui lavoravano, così come la famiglia Del Bello ha fatto con i Fuà; ci sono stati poi i Cortucci che hanno dato un luogo sicuro alla famiglia Ascoli e i Boari con il parroco di Rustico, don Giuseppe Rossini, che hanno salvato i Coen; c'è stato il dott. Nemesio Mancia che ha aiutato il collega dott. Affini e soprattutto la moglie ebrea e c'è stata la famiglia Carnevali che ha nascosto la famiglia Modena.
"Per quanto mi riguarda - ha aggiunto - sono tre le parole che mi vengono in mente per identificare il percorso tracciato da questa pubblicazione: rammarico, perché forse siamo arrivati troppo tardi e alcune storie le abbiamo irrimediabilmente perse; speranza, perché auguro alla Mediateca di poter fare un secondo volume con altre storie, altri episodi di persone e/o famiglie ebree salvate a Polverigi; orgoglio, perché dal lontano 18 gennaio 1202, in cui si firmò, in questo paese, un importante trattato di pace, ci piace pensare che la solidarietà, l'amore verso gli altri, la condivisione, lo spirito non violento siano entrati nel DNA dei cittadini di questo piccolo centro marchigiano!".
A conclusione del pomeriggio, dopo l'intervento di un emozionato prof. Puxeddu, figlio di quell'Efisio Puxeddu, Commissario prefettizio che assunse la guida amministrativa di Polverigi in quegli anni, è stato mostrato un video con il saluto del presidente della Comunità Ebraica di Ancona, dott. Marco Ascoli Marchetti, non presente perché l'orario pomeridiano della presentazione del quaderno coincideva con l'inizio del sabato ebraico, ma che era venuto in mattinata a Polverigi per non mancare a questo appuntamento per il quale ha ringraziato a lungo la Mediateca e il Comune di Polverigi.
Si ringrazia il presidente del Consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo per alcune delle foto