"Che cosa serve?", si è chiesta anche l'assessore Patrizia Lombardi. Difficile dirlo, di certo incontri pubblici e periodici di sensibilizzazione, che vadano oltre la sola giornata celebrativa. Poi tanta, tanta pazienza e accortezza da parte delle mamme, delle insegnanti, di tutte quelle donne cioè che, a qualunque titolo, possano scardinare un sistema di pensiero e un modus operandi ancora legato al concetto del maschio forte, che non piange mai, che non deve chiedere, ma pretendere, che può costringere una donna a qualsiasi cosa (a cominciare dalle più banali come preparare un caffè, o stirare una camicia). C'è da scardinare una società che pensa ancora (e lo vediamo tutti i giorni) che con la violenza (anche verbale) si ottiene tutto, che vale la legge del più forte, che si comporta come una comunità di uomini primitivi, ma al tempo stesso pretende di essere erudita. È un cambiamento culturale profondo e radicale, quello che viene chiesto a questa società, ma onestamente, guardandoci intorno, siamo pronti?
"We are One Woman, your courage keeps me strong. We are One Woman, you sing, I sing along. We are One Woman, your dreams are mine. And we shall shine"... Siamo una donna sola, il tuo coraggio mi mantiene forte. Siamo una donna sola, tu canti, io canto insieme. Siamo una donna sola, i tuoi sogni sono i miei. E noi brilleremo... (https://www.youtube.com/watch?v=Dnq2QeCvwpw&list=PL3rc8FEOW8SaXAqofHn21SFEe0m7IDBEd). È Il testo di una canzone scritta a più mani, femminili e maschili, diventato una canzone della UN Women, ente delle donne dell'ONU. Nonostante questo, non ha mai scalato le classifiche. Vogliamo credere che sia perché non ci sono nomi famosi tra autori, autrici e cantanti e non perché le donne non fanno notizia. Anche se... "OneWoman" è diventata la colonna sonora di "Orange the world", campagna di sensibilizzazione proprio dell'ente UN Women, a cui, come ogni anno, ha aderito anche la Farnesina per attirare l'attenzione sulla prevenzione di ogni forma di violenza contro le donne (#HearMeToo) e che cercherà di ritagliarsi il posto che merita, sotto i riflettori, fino al 10 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti Umani. Il 25 novembre è stato come sempre (a parte il periodo di lockdown) onorato dall'amministrazione comunale di Polverigi, con una lunga lista di leggi, convenzioni, eventi che avrebbero dovuto portare cambiamenti nel modus operandi di certi uomini, provvedimenti letti da sei donne sulle cui spalle venivano proiettate immagini e con in sottofondo proprio la canzone "One Woman". Ad ascoltare attentamente, è stato evidenziato come, dal punto di vista legislativo, si sia fatto molto in quaranta anni, cioè da quel 5 agosto 1981, quando la legge 442 abrogava articoli del codice Zanardelli (1889), riguardanti il matrimonio riparatore, il delitto d'onore, l'abbandono di neonato per causa d'onore. Ma evidentemente non basta se i minuti che separano la morte di una donna dall'altra, nel nostro Paese, sono sempre di meno. D'altronde anche nel film "Lea", proposto dalla tv qualche giorno fa, è risultato chiaro che i cosiddetti programmi di protezione servono a poco, a meno che non si resti a vita chiuse nelle bolle create ad arte, senza vedere mai la luce del sole, sia perché non è semplice modificare le proprie abitudini, sia perché la mente di certi criminali (perché tali sono) arriva oltre il pensabile, sia perché la società, ma anche le sue strutture non sono capaci di difendere. "Che cosa serve?", si è chiesta anche l'assessore Patrizia Lombardi. Difficile dirlo, di certo incontri pubblici e periodici di sensibilizzazione, che vadano oltre la sola giornata celebrativa. Poi tanta, tanta pazienza e accortezza da parte delle mamme, delle insegnanti, di tutte quelle donne cioè che, a qualunque titolo, possano scardinare un sistema di pensiero e un modus operandi ancora legato al concetto del maschio forte, che non piange mai, che non deve chiedere, ma pretendere, che può costringere una donna a qualsiasi cosa (a cominciare dalle più banali come preparare un caffè, o stirare una camicia). C'è da scardinare una società che pensa ancora (e lo vediamo tutti i giorni) che con la violenza (anche verbale) si ottiene tutto, che vale la legge del più forte, che si comporta come una comunità di uomini primitivi, ma al tempo stesso pretende di essere erudita. È un cambiamento culturale profondo e radicale, quello che viene chiesto a questa società, ma onestamente, guardandoci intorno, siamo pronti?
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AutriciSiamo donne, di Polverigi e intorno al pentolone della marmellata ci divertiamo davvero! Archivio
Luglio 2022
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