Metti una sera le note armoniose delle tastiere di Gabriele Esposto; il sublime suono di una chitarra, magicamente guidata dalle mani esperte di Marco Di Meo; una voce che mette i brividi nella sua estensione e nel suo calore, come quella di David Mazzoni... Il risultato è stato una notte fatata sotto le stelle di Agugliano, una notte nella quale c'è stato posto solo per i sogni, di certo per tanti ricordi e magari anche per qualche tentativo di canticchiare qualcosa insieme al tenore, data la popolarità dei pezzi, ma senza disturbare nessuno. L'apertura del concerto, strettamente lirica, è stata dedicata a Joele, un ragazzino che David Mazzoni ha incontrato nel reparto di chirurgia pediatrica dell'Ospedale di Torrette (Ancona) e che lo ha sorpreso per l'enorme competenza in termini di belcanto. Fred Buscaglione, Lucio Dalla, Carosone, il "Miserere" di Zucchero... e persino "Granada", con cui Mazzoni ha affrontato la sfida di "Italia's Got Talent", vincendola a mani basse. Come poter non gioire di una serata così? Le stelle che punteggiavano il cielo hanno contribuito a rendere magica l'atmosfera che per una notte ci ha permesso di dimenticare il triste periodo vissuto in lockdown, la drastica diminuzione dei posti dell'Anfiteatro al Parco delle Querce di Agugliano per sottostare alle norme anti-Covid, l'essere costretti a portare le mascherine... I tre personaggi sul palco hanno pennellato note di colore e di buona musica, vestendo con una estrema leggerezza ogni singolo momento, ridendo, scambiandosi occhiate d'intesa, ma dimostrando, anche attraverso questo, tutto l'affiatamento che li lega e il proprio amore per la musica. La voce di David Mazzoni ha messo i brividi, riuscendo a incuriosire anche alcuni ragazzini, musicalmente lontani dal repertorio classico proposto, ma pure attirati dalla potenza del tenore. Un'occasione irripetibile per riflettere sulla bellezza della musica italiana, sul suo arrivare direttamente al cuore con i suoi suoni profondi, grazie a una tastiera e a una chitarra, sul grande dono di una voce sapientemente curata, educata e usata per creare emozioni. Un grazie va ai protagonisti e a chi ha saputo portarli sul palcoscenico aguglianese (Comune - Assessorato alla Cultura e Associazione La Guglia) per una serata irripetibile. (c.c.)
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Chi di noi non si è raccomandato mai, almeno una volta, a un santo, di qualsiasi genere fosse, per ottenere il cosiddetto miracolo, o la grazia che tanto anelava? E non si sta parlando di cose di vitale importanza, perché spesso e volentieri il ricorrere alle preghiere è per ottenere un alleggerimento della nostra vita, un togliersi quel peso che ci fa camminare in salita... E chi di noi non si è mai chiesto "come funziona" lassù, che aria tira, come si incontrano, come comunicano, che fanno...? Raccogliendo queste caratteristiche "da umani", Fabio Macedoni, che con la penna ci sa fare, ha scritto un testo divertentissimo, in dialetto maceratese, ambientandolo in un'atmosfera bucolica, a casa di due contadini che hanno il loro bel da fare con il raccomandarsi a Sant'Antonio e Sant'Isidoro. Tutto questo è "Rengrazzienno Ddio", una commedia in due atti davvero divertente della Compagnia teatrale "Fabiano Valenti" di Treia (MC), andata in scena al teatro Ariston di Agugliano per l'apertura della consueta rassegna di teatro d'inverno organizzata dall'Associazione La Guglia. Primo di tre appuntamenti, quello di Fabio Macedoni è stato un avvio decisamente fortunato, con un pubblico delle grande occasioni, non scontato in una domenica di pieno Carnevale. Si è trattato di una commedia piena di battute e colpi di scena, uno spaccato del nostro essere, "santi, poeti e navigatori"... ma anche contadini, come tradizione vuole, soprattutto nel territorio dei "granai della Chiesa"! E così, scelto il proprio santo di fiducia, (chi Sant'Isidoro, chi Sant'Antonio), appesa la sua immagine a mo' di altarino su cui mettere anche i fiori freschi e magari pure un cero, nella stanza più frequentata della famiglia, cominciano le "litanie" giornaliere di preghiere (più che altro di richieste quotidiane per ogni necessità della casa e dei suoi abitanti, bestie comprese), vuoi per gli animali da cortile (indispensabili in campagna), vuoi per qualcuno "armasto" e che ha ormai superato, o quasi, i limiti di età da matrimonio... E ci scappa pure un giro in paradiso, novelli Dante e Beatrice, per i due protagonisti principali! Un viaggio che al di là di alcune trovate divertenti sui galli e San Pietro e sul sintonizzarsi (come una radio) sul dialetto preferito... ci ha posto davanti al nostro essere umani, ovvero coloro che chiedono, sempre e di tutto, ma in realtà poche volte si fermano a ringraziare per ciò che hanno, rivolgendosi ai santi anche per una preghiera fine a se stessa e svincolata dalla richiesta di grazia. E poi siccome il sacro si mescola sempre con il profano, in mezzo a tanta venerazione e professione di fede (espressa con i fiori, ma poco con le buone azioni che sarebbero più apprezzate lassù), non può mancare la fattucchiera, ma una alla buona, che si arrangia come può, al punto da sbagliare anche gli oggetti dei personaggi da inserire in una fattura d'amore, rimanendo incastrata senza rimedio. O forse sono stati proprio i santi a metterci del loro, in questa confusione generale? Bravi tutti gli interpreti, indiscutibilmente divertente il testo, una conferma per Francesco Facciolli e Scilla Sticchi, rispettivamente regista e costumista, entrambi ben conosciuti (come del resto lo stesso Macedoni) a chi frequenta il Festival nazionale di Teatro dialettale di Agugliano. Cristiana Carnevali Sapete chi sono i Curumba? Ci fosse qui il professor Giorgio sciorinerebbe tutta la storia della popolazione africana e tutte le sue particolari caratteristiche. Chi è il prof. Giorgio? E' uno dei mariti di Maria Teresa, nello specifico di Maria, la scrittrice. Beh, anche Teresa è una scrittrice, ma lei è sposata con Danny, il cantante neomelodico, simpatico, ma di certo un po' coatto, che sostiene di essere stato colto dal "brocco dello scrittore" (in realtà si fa mantenere dalla moglie) e si raccomanda... no, non a San Gennaro, come tutti in genere si aspettano, ma a "San Gigi" D'Alessio, non disdegnando un duetto con la di lui bella compagna, Anna Tatangelo! Ma di che cosa si sta parlando? Dell'ultima commedia in gara per l'edizione 2019 del Festival nazionale di Teatro dialettale - Premio "La Guglia d'Oro", organizzato, come ogni anno, dall'Associazione "La Guglia" e andato in scena, per cinque sere, al Teatro Ariston di Agugliano. Anzi, questo lavoro si intitola proprio "Come i Curumba" ed è tratto da "Non c'è due senza te" di Toni Fornari, ma talmente rimaneggiato da diventare quasi un testo di Vincenzo Russo e della Compagnia "30Allora" di Casagiove (Caserta). Loro non sono nuovi al Festival della Guglia, ma già lo scorso anno avevano ben impressionato con la rappresentazione de "L'Ultimo scugnizzo", testo classico del teatro campano e non solo, a firma del grande Raffaele Viviani. Vincenzo Russo (attore protagonista e regista) e i suoi hanno consolidato quest'anno il buon ricordo, di sicuro con un testo più "sbarazzino" che non ha mancato di suscitare risate del pubblico, ma con la conferma della valenza della Compagnia. Evidente la proposta di "manie" di oggi (ad esempio il selfie) e di tipologie caratteriali molto attuali, alternate o intrecciate con quelle più classiche: la donna romantica che però non è l'angelo del focolare, ma fa la scrittrice; la donna manager che non manca di mostrare la sua fragilità abitualmente tenuta ben nascosta, tra un tailleur e un gioiello, tenendo gli uomini sotto i piedi, ma finendo "fregata" proprio dai due più insospettabili...; il prof di matematica (ma poteva essere anche di latino, di biologia, ecc.), talmente votato allo studio e all'insegnamento da apparire maniacale e magari anche un po' sciocchino; e c'è anche il cantante che vuole a tutti i costi inserirsi nella categoria "neomelodici", meglio identificabile come "artista, ma senza arte né parte", un po' arruffone, di certo senza un briciolo di cultura e di capacità, ma terribilmente simpatico (caratteristica che lo rende comunque un vincente!)... Ma attenzione al finale, perché rimette in discussione tutto! Scenografia semplice, ma efficace e terribilmente esplicita nella sua concezione: due mariti, due storie, due ambientazioni che rispecchiano totalmente le due psicologie diversissime dei due personaggi maschili. Insomma un finale alla grande per il Festival che adesso dovrà nominare i vincitori di questa edizione 2019, per poi comunicarli nel pomeriggio di domenica 1° dicembre in Sala consiliare ad Agugliano, in una situazione conviviale con tutte le compagnie partecipanti durante la quale si svolgeranno le premiazioni. Ma al momento il lavoro della giuria si presenta quanto mai complicato... Alcune curiosità su "Come i Curumba": Fabrizio Cinque (prof.Giorgio) era al debutto e ha preparato il suo personaggio in una sola settimana: Valeria D'Amore (Maria Teresa) in realtà non ha tutti quei capelli che le incupiscono il volto; la cintura della vestaglia del professore era in realtà una cravatta; la canotta traspirante di Vincenzo Russo era "stile puro coatto"; nel testo originale al posto di Gigi D'Alessio c'è Jim Morrison; Rita Solimeno (Sara) è sembrata davvero perfetta nel suo ruolo di editrice - consigliera - disincantata - fragile - dura - mangiatrice di uomini (anche se in realtà viene poi mangiata in un sol boccone! Davvero brava! Cristiana Carnevali |
AutriciSiamo donne, di Polverigi e intorno al pentolone della marmellata ci divertiamo davvero! Archivio
Luglio 2022
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