Cristiana Carnevali
La Bottega dei RebArdò (curioso nome che non solo fa riferimento al "bardo" Shakespeare, ma anche a due cognomi, uno dei quali è di Enzo Ardone, attore e regista di "Ben Hur") è un laboratorio romano di teatro nato con il proposito di promuovere e diffondere arte e cultura teatrale in ogni sua forma. Utilizza spesso i testi dell'autore contemporaneo Gianni Clementi, tanto che lo scrittore ha fatto una visita a sorpresa alla compagnia qualche sera fa, durante una replica a Soriano nel Cimino (VT). Anche "Ben Hur", portato sul palcoscenico di Agugliano per il Festival nazionale del Teatro dialettale, è un testo di Gianni Clementi e come tutti i suoi testi, tra una battuta e l'altra, ci mette di fronte alle nostre debolezze, alle nostre responsabilità, alla nostra superficialità. Estremamente evidente, per altro, in "Ben Hur" e altrettanto veritiera. La storia è ambientata a Roma, a casa di un ex stuntman che, dopo un incidente durante le riprese del film "Salvate il soldato Ryan" che gli è costato un placca al titano sulla schiena e tutta una serie di chiodi in una gamba e di cui aspetta ancora il risarcimento (ma il suo avvocato Ciccardelli "zagaia", mentre in America hanno Perry Mason!), per "guadagnarsi la pagnotta" si traveste da centurione e si mette a disposizione dei turisti per le foto di rito davanti al Colosseo. Certo il freddo e l'immobilità non vanno d'accordo con i suoi problemi fisici e anche il guadagno alla fine è un gioco che non vale la candela. Sergio, questo il nome del centurione (rigorosamente romanista al punto di aver chiamato uno dei figli Paolo Roberto, come Falcao), vive con la sorella Maria. Entrambi con un matrimonio fallito alle spalle, entrambi abbrutiti dalla realtà della periferia, si arrangiano come possono (Maria, mentre stira e cucina in casa, risponde a una chat line erotica) pur di sbarcare il lunario e magari pagare la "pigione" o "gli alimenti" per i figli di Sergio. La loro fortuna arriva insieme a Milan, ingegnere bielorusso, clandestino, in cerca di fortuna e di soldi da poter mandare alla famiglia (due genitori, una moglie e quattro figli) lasciata a Minsk. Milan sa fare tutto (divertente il gioco di battute quando si presenta al centurione romanista con un nome che in Italia indica una squadra avversaria), dalle piccole riparazioni alle grandi ristrutturazioni, Milan poi nel tempo libero va anche a fare il centurione al posto di Sergio e comincia a diventare una gallina dalle uova d'oro. Il denaro (del quale al bielorusso va appena il 30%) dà la classica svolta alla vita di Sergio e ne beneficia anche Maria che nel frattempo comincia a interessarsi al Milan uomo (ignara della moglie e dei figli che attendono nel Paese natale, della cui esistenza verrà a conoscenza ascoltando, non vista, una conversazione tra il fratello e il suo amico). In un momento in cui fra i centurioni si mettono in campo strategie per aumentare sempre di più l'introito con i turisti, anche a discapito degli altri, sarà proprio Milan a suggerire l'idea di una biga (come quella del film "Ben Hur") con cui portare i turisti a fare un giro con foto per 35 "euri" e sarà sempre lui a costruirla nell'arco di tre giorni. A questo punto gli affari vanno a gonfie vele, l'abbigliamento diventa sempre più lussuoso, arriva anche una BMW con gli interni in pelle bianca. Ma... Milan torna a casa ferito e perde molto sangue: qualcuno ha denunciato la sua clandestinità. Invece di essere soccorso dai due fratelli per i quali è stato una benedizione, viene abbandonato con un secco: "Il pacco si è rotto". Finale tragico che lascia senza fiato, perché il pubblico, oltre a ricoscere storie di ordinaria quotidianità, prova proprio un sacco di simpatia per Milan, non fosse altro perché il bravissimo attore che lo interpreta, Sandro Calabrese, che fuori dalla scena parla con uno spiccato accento romano (è di Tivoli), sul palco si trasforma in un bielorusso perfetto che mescola parole russe ormai internazionali a una cadenza tipica di chi parla un po' di italiano, ma proviene dall'Est, che impara prima le parolacce in romanesco e manca sempre di raddoppiare le "p". Calabrese è vivace, divertente, coivolgente. Bravi anche Enzo Ardone e Monica Biagini, i fratelli Sergio e Maria sulla scena. Se proprio vogliamo trovare un difetto... la scarna scenografia che costringe la rappresentazione a fare troppe pause. Ma questo non toglie niente alla storia e ai suoi personaggi! Cristiana Carnevali
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AutriciSiamo donne, di Polverigi e intorno al pentolone della marmellata ci divertiamo davvero! Archivio
Luglio 2022
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